Smart working: cambiare rotta e ruoli per il successo aziendale

La società di oggi come in ogni settore sociale e lavorativo, ha abbattuto i concetti di tempo e spazio, rendendo ogni organizzazione “smart”. È chiaro un po’ a tutti che lo smart working rappresenta un approccio che modernizza le modalità lavorative.

Tra le conseguenze della globalizzazione vi è anche il cambiamento del modo di lavorare. La vita lavorativa delle persone presenta ora un nuovo approccio, chiamato lavoro intelligente (smart working), il quale prevede le opzioni di flessibilità, l’uso efficiente della tecnologia informatica (IT) e della collaborazione

In contesto in continua trasformazione in ogni settore produttivo, dove la scelta di un’organizzazione rigida e gerarchica viene decisamente a mancare, lo smart working è la chance migliore per raggiungere gli obiettivi e i risultati centrati sulla valorizzazione delle competenze del singolo lavoratore. Il lavoro agile (smart working) richiede flessibilità del luogo di lavoro, orario di lavoro che va a concentrarsi sull’obiettivo da raggiungere e concentrazione sul risultato da raggiungere.

 Lo smart working abbatte tutti i presupposti del lavoro come ore lavorate, spesso senza raggiungere un risultato ben definito.

Si basa su alcuni principi che cerchiamo di sintetizzare nei seguenti punti[1].

  1. Il lavoro viene svolto in luoghi e in tempi non più legati alle regole di un tempo (sedi e orari ben definiti della classica azienda) e lo smart worker può essere un lavoratore autonomo o dipendente.
  2. Il lavoratore nomade non necessariamente appartiene alle ultime generazioni, ma può avere età variabile.
  3. Non si deve confondere lo smart working con il telelavoro, perché il secondo ne è solo una parte (vedi ultimo paragrafo del presente capitolo).
  4. Non si deve parimenti confondere lo smart working con lo smart work in quanto il secondo è una tipologia di attività che, proprio per le sue caratteristiche intrinseche, è già condotta secondo i criteri indicati in questi punti (basti pensare al classico lavoro di agenzia). In realtà, come già anticipato nel capitolo introduttivo, il concetto di smart work è stato assorbito da quello dello smart working.
  5. La flessibilità rappresenta la norma e non più l’eccezione.
  6. Ognuno, quindi, può essere coinvolto in una situazione di smart working, al di là del ruolo e della singola persona, anche coloro che hanno un contratto di dipendenza.
  7. I dipendenti e le persone in smart working possono avere una scelta più ampia su dove e quando lavorare, in coerenza con le necessità del business.
  8. Gli spazi aziendali vengono allocati in considerazione delle attività e non degli individui o della loro seniority.
  9. La tecnologia viene utilizzata in modo sempre più allargato e, di conseguenza almeno sulla carta, più efficace in termini di rapporto spazio/ tempo.
  10. Si consolidano nuove forme di collaborazione (come ad esempio i team virtuali) che riducono la necessità di riunioni presenziali e di spostamenti fisici delle persone.
  11. La gestione della prestazione è imperniata più sui risultati e meno sulla presenza degli individui.
  12. Esiste l’opportunità di un miglior bilanciamento tra bisogni professionali e bisogni personali.
  13. Lo smart working introduce nuove dimensioni di valutazione dei principi di diversità e di equità.
  14. Lo smart working implica – in diversi casi – l’esecuzione delle attività in spazi condivisi con risorse altrettanto condivise.
  15. Aumenta la valenza della capacità di autonomia del lavoratore nomade e l’importanza dell’empowerment in un quadro di stili lavorativi sempre più “agili”.
  16. Si stima una maggiore efficienza lavorativa.
  17. L’impatto sull’ambiente è favorevole.
  18. L’elemento motivazionale ne trae giovamento.
  19. Muta non poco anche la classica concezione della carriera in un contesto di questo genere.
  20. Poiché lo smart working è la rappresentazione operativa di flessibilità e agilità, se ne deduce l’idea di non cristallizzare questo approccio dentro una formula rigida, bensì di osservarne gli sviluppi in linea con le evoluzioni tecnologiche e lo sviluppo di strategie di business, oltreché con i cambiamenti sociali.

Rispetto a organizzazione del lavoro la valutazione di adozione dello Smart working richiede di attuare un’analisi dei ruoli, delle attività e dei processi finalizzata a dimensionare il mix ottimale di lavoro tradizionale (in sede) e lavoro smart e nonché il dimensionamento e logiche di gestione degli spazi lavorativi, ridisegnando i meccanismi di pianificazione e coordinamento, il sistema di performance management e i protocolli di comunicazione. Il modello di lavoro smart come si evince, non abbiamo solo un abbattimento degli spazi e dei tempi ma anche delle direttive. A questo proposito abbiamo citato lo smart worker o il lavoratore smart. Indubbiamente uno sforzo fondamentale è innanzitutto dipeso dagli attori del sistema di relazioni industriali, a cui spetta il compito fondamentale di compiere un salto culturale e metodologico di approccio al lavoro che di certo non è nella disponibilità del legislatore.

Questo tipo di analisi permetterà di progettare la flessibilità da un punto di vista operativo (flessibilità di tempo, spazio-luogo, ambiente, strumenti lavoro). Alla base della valutazione dell’adottabilità dello Smart working nella propria realtà aziendale, oltre alle dimensioni organizzative di cultura e organizzazione del lavoro non può essere trascurata l’attitudine-predisposizione individuale delle persone ad approcciarsi e ad imparare a utilizzare le tecnologie e ad affrontare il cambiamento (mindset) sia da un punto di vista operativo che di comando (dimensione gestionale) per capire quanto a livello individuale e di team siano pronte e preparate per lavorare in un contesto smart[2].

[1] Botteri T. e Cremonesi G., Smart working e smart worker, Franco Angeli in https://www.francoangeli.it/Area_PDFDemo/100.864_demo.pdf

[2] http://www.odmconsulting.com/mediaObject/odm/Rassegna_stampa/RS_2017/S-O_277_Ricc-_Porta/original/S&O_277_Ricc%C3%B2_Porta.pdf